Remitur, petesseria, buffet

Il maestro Ernesto Kosovitz, nel manoscritto per una nuova edizione del suo dizionario, conservato nella Biblioteca Civica di Trieste, scrive: Il dialetto triestino è un colosso italiano su cui si sono posati a insudiciarlo tre pigmei: il tedesco, il francese e lo slavo (…).

Consideriamo per primo l’apporto francese. Ad eccezione di due parole – di cui parleremo in seguito – tutti i prestiti francesi risalgono al grande movimento culturale francese del XVII e del XVIII secolo, alla rivoluzione, all’epopea napoleonica, alla diffusione del teatro, delle letteratura e della moda francesi del secolo XIX. In sostanza, non sono prestiti diretti, ma dalla nostra lingua letteraria, attraverso il libro, il teatro, il giornale. Come già detto, due sole eccezioni ci sarebbero: remitùr e petessèria. Sono queste due voci di certa origine francese? Almeno per la prima il dubbio è lecito, poiché quella che vorrebbe essere la storia della parola, ha tutta l’aria d’una, seppur ben architettata, favola. La ricordate? Epoca napoleonica. Guarnigione francese. Comando militare: «Demi tour!». Scandire di gesti secchi, sottolineato dallo strepito dei tamburi. Indi: «remitùr», rumore, chiasso. Una bella architettura fantastica, ma dalle fondamenta poco salde, a mio parere.

Considerando i due equivalenti friulano isontini di «remitùr» («rumitùr» e «rimitùr»: N. Pirona), vien da pensare ad uno svolgimento da «rumitùr  che ammesso, escluderebbe la derivazione francese.

Infatti il caso del latino «susùrrus», di ragione imitativa, evolutosi nel triestino «sissuro» (mentre nel veneziano e nel friulano l’«u» atonica persiste), lascia supporre uno svolgimento analogo per «rumitùr», «rimitùr» (remitur); mentre non abbiamo esempi di svolgimenti opposti (da «e», «i» ad «u»). Effettivamente, in tale caso, si potrebbe sospettare una concessione di «rumitur» con il friulano «romitòri», usato in senso figurato ed antifrastico.

«Petesser», «petesserìa», appaiono più accettabili come storpiatura di «patissier», «patisserie», ma, come per tante voci dialettali, neppure per essi abbiamo documenti. Dato il parallelismo friulano, potrebbero essere ben maggiormente antichi di quanto si suppone (…)

PETESSERÌA – liquoreria; si ritiene derivi dal francese «patisserie», pasticceria, negozio nel quale si spacciavano e si spacciano ancora liquori. Donde anche «petèss», liquore a forte gradazione alcolica, in generale. «Petessèr», chi beve smodatamente, e chi vende i liquori. E se magnando pess’ / un spin ne va per tress’ / faremo gargarismo de petèss! Strofa – secondo Caleidoscopio – dell’Inno dei Maestri, che sta andando – febbraio 1946 – per la maggiore sul palcoscenico dle Verdi.

REMITÙR – strepito, chiasso, clamore, confusione, rumore; si vuole derivi da una voce di comando militare francese: demi-tour, della quale sarebbe corruzione. Al tempo dell’occupazione napoleonica, al cambio della guardia, che si effettuava con lo svolgimento dei soliti elementi di parata, al comando demi-tour i tamburi rullavano, ed il popolo associava la voce con l’entrata in azione degli strumenti donde far remitùr. Ciò, mulo, finissi de far sto remitùr, sta bon! Meglio dire che è voce di origine sconosciuta. In friulano: «remitur», «rimitur», «rumitur», con la stessa accezione.

È piuttosto probabile far risalire l’origine della parola BUFFET, ancora in voga e famosa a Trieste per la nascita di molto locali pubblici, alla dominazione francese.

Dal francese armoire derivano i termini ARMERòN o ARMèR (armadio), da plafond discende il termine per indicare il soffitto PLAFòN mentre per dire “di fronte”, in dialetto si dice VISAVì, dal francese vis-à-vis.


Bibliografia

- Nuovo dizionario del dialetto triestino - Storico, etimologico, fraseologico
Autore: Gianni Pinguentini - Edizione: DEL BIANCO editore - Anno: 1986 - Pagina:

Sitografia

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