I palazzi

PALAZZO DELLA BORSA L’edificio che dà il nome alla piazza è la Borsa vecchia (ora sede della Camera di Commercio - arch. Antonio Mollari 1799-1806). Nelle nicchie che movimentano il frontespizio al pianterreno e al primo piano sono inserite statue allegoriche raffiguranti l’Asia, l’Europa, l’Africa e l’America, oltre a Vulcano e Mercurio. Più in alto, sul fastigio, altre sculture: il Genio di Trieste, Nettuno, Minerva e il Danubio (cui già da tempo era rivolta l’attenzione per un collegamento fluviale che avrebbe inserito il porto di Trieste nel sistema che collega capillarmente l’Austria, la Germania, la Francia settentrionale e i Paesi Bassi, oltre ai paesi orientali d’Europa). Si possono osservare poi dei puttini in scene rappresentanti il Commercio, la Navigazione, l’Industria e l’Abbondanza. Sul fronte dell’atrio si trova il grande orologio posto dal famoso orologiaio locale Antonio Sebastianutti, autore anche della Meridiana solare dell’ampia sala d’ingresso (23 settembre 1820). Scopo principale della Meridiana è permettere di sincronizzare i cronometri marini imbarcati sulle navi che partono da Trieste in modo da rendere possibile il calcolo esatto della longitudine, una volta in alto mare senza altri punti di riferimento. Attraverso un foro nella facciata dell’edificio della Borsa, il sole entra esattamente cinque minuti prima di mezzogiorno ed esce di scena dieci minuti dopo, tracciando un’ellisse dorata sul pavimento. E’ stato il triestino Paolo Alberi, esperto dell’arte gnomica, a svelare la particolarità della Meridiana della Borsa, accorgendosi che è centrata sull’equinozio d’autunno che venne scelto come inizio del calendario della Rivoluzione Francese. Si racconta che i Napoleonidi rifugiatisi a Trieste dopo la Restaurazione, accarezzando l’idea di far evadere Napoleone dall’Isola di Sant’Elena dove era stato recluso dagli Inglesi, avessero preso la Meridiana quale riferimento. Purtroppo il 5 maggio 1821 Napoleone morì, prima che il piano si potesse applicare.

PALAZZO BRIGIDO Al numero 1 di via Pozzo del Mare (all’epoca si affacciava direttamente sulla piazza), c’è il Palazzetto Brigido (arch. Giovanni Fusconi, 1735), che accolse nella sua unica visita a Trieste il giovane Comandante in Capo dell’Armée d’Italie Napoleone Bonaparte, nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1797. La sua fugace permanenza è testimoniata da una targa. Il conte Pompeo Brigido, Governatore di Trieste, è ricordato anche per essere stato tra coloro che accolsero le Mesdames di Francia, Adelaide e Vittoria, figlie di Luigi XV, in fuga dalla Rivoluzione. Le occupazioni francesi della città di Trieste furono tre: la prima rapidissima nel 1797 finì con la firma del Trattato di Campoformido; la seconda brevissima tra la fine del 1805 e il marzo del 1806 si concluse a seguito della Pace di Presburgo; la terza è decisamente la più lunga e si protrasse tra il maggio del 1809 e il novembre del 1813 a seguito della Pace di Schönbrunn. E’ durante la terza occupazione che vennero create le Province illiriche con capitale a Lubiana, la cui fine avvenne con lo scontro tra l’esercito francese e quello austriaco (supportato dalla flotta inglese), che lasciò numerose testimonianze sui muri della città.

ROTONDA PANZERA All’incrocio tra via San Michele e via Felice Venezian si incontra Casa Panzera (arch. Matteo Pertsch, 1818), progettata per il magistrato friulano Domenico Panzera, stabilitosi a Trieste alla fine del Settecento. La casa, impreziosita all’interno dagli affreschi di Giuseppe Gatteri e all’esterno dai fregi di Antonio Bosa che raccontano tre episodi della storia romana (Coriolano, Lucrezia, Orazi e Curiazi), ospitò un’importante loggia massonica. Esiste infatti l’accesso a un sotterraneo oggi interrotto da murature di fondazione di edifici posteriori, che si favoleggia che al tempo avesse collegato la casa a un’uscita sul colle, dopo essere passato sotto la chiesa dei Gesuiti. E’ nei periodi di occupazione francese che a Trieste sorsero le logge massoniche (esisteva anche la Loggia Alla Vedovella, retta da Emilio Baraux e ospitata nel tempio sotterraneo di una bella e lussuosa villa di Scorcola): il Tempio di via San Michele era composto da un’ampia sala circolare posta diversi metri sotto al piano stradale e – secondo alcune descrizioni dell’epoca – presentava la volta celeste e lungo le pareti i segni dello zodiaco; in questa stanza ci sarebbe stato anche un palchetto con tre gradini dove si trovava anche il seggio del Maestro Venerabile, mentre le salette vicine probabilmente ospitavano la “Stanza dei passi perduti” e il “Gabinetto di Riflessione”. La Loggia venne chiusa dalla Polizia austriaca nel 1820.

PALAZZO VICCO Il Palazzo, attuale sede del Vescovado, arricchito da un elegante poggiolo dalla linea quasi rococò con fanali in ferro battuto, è il luogo dove visse i suoi ultimi anni e si spense Joseph Fouché, ministro di Polizia durante la Rivoluzione francese che ebbe un ruolo di primo piano nella repressione della Vandea e come governatore delle Province Illiriche. Scelse il sole di Trieste per il suo esilio, richiamato qui da Elisa Bonaparte: passeggiò lungo il Boschetto, scoprì il Carso, frequentò la Cattedrale di San Giusto, dove venne sepolto per oltre cinquant’anni,  e pregò alla Beata Vergine del Soccorso fino a quando morì alla Vigilia di Natale del 1820. Diverse storie e una leggenda accompagnano la fine di Fouché: i suoi canarini morirono per i fumi levatisi dalle stufe che bruciavano le carte segrete che portava con sé dall’epoca della Rivoluzione, e il suo carro funebre fu rovesciato dalla Bora sulla strada verso San Giusto da dove sarà traslato in Francia per opera di Emile Combes, il Presidente del Consiglio più controverso della Terza Repubblica.

MUSEO SARTORIO L’eclettica villa della fine del Settecento appartenne alla famiglia Sartorio che le vicende commerciali avevano portato in città dalla nativa Sanremo. Reminescenze venete dell’impianto palladiano sono ancora riscontrabili nella pianta della villa dopo i restauri eseguiti tra il 1820 e il 1838 da Niccolò Pertsch. Oggi è la sede di un museo civico con una ricca collezione di gessi: gli esemplari più antichi della collezione sono quattro calchi di opere di Antonio Canova, realizzati dall’artista stesso. Si tratta del busto di Napoleone Bonaparte, dei ritratti di Carolina Bonaparte Murat e di Gioacchino Murat (le cui realizzazioni in marmo sono oggi perdute) e l’autoritratto di Canova stesso. Recentemente, inoltre, è stato acquisito dal museo un servizio da colazione da campo in porcellana di Parigi, dono di Napoleone a un suo ufficiale. (Largo Papa Giovanni XXIII, 1 – museosartoriotrieste.it)

VILLA NECKER La villa, oggi conosciuta come Villa Necker, costruita attorno al 1790 per Antonio Strohlendorf, fu proprietà del conte Cassis Faraone che vi aveva fatto costruire le prime celebri serre e piantare il primo aranceto. Il progetto era dell’architetto francese Champion (realizzato da Giacomo Marchini), che disegnò anche la villa di Campo Marzio (conosciuta come Villa Murat), che ospitò la famiglia di Elisa Bonaparte e poi sua sorella Carolina. Villa Necker ospitò tra il 1820 e il 1827 Girolamo Bonaparte, già re di Westfalia e principe di Montfort. Qui nascono i figli Letizia e Girolamo Napoleone che fu “… del nostro Risorgimento e dei destini di questa terra costante generoso fautore”, come recita la targa posta sul muro di cinta. I Bonaparte modificarono la semplicità d’insieme che contraddistingue la villa, inserendo l’orologio nel timpano, sistemando aquile napoleoniche sui camini della sala maggiore e costruendo una cappella, un teatro e pergole con vista su tutto il golfo.

VILLA MURAT (non più esistente) Elisa Bonaparte Baciocchi scelse per il suo esilio triestino la villa di Campo Marzio, oggi ricordata come Villa Murat in quanto fu dimora anche della sorella Carolina, vedova del Re di Napoli ucciso a Pizzo Calabro. Eretta all’inizio dell’Ottocento dal generale russo Psaro su progetto dell’architetto Champion, la villa aveva una bianca struttura neoclassica che si affacciava su una spiaggia declinante verso il mare. Acquistata nel 1816 da Felice Baciocchi, sarà oggetto di abbellimenti importanti che la trasformarono nella dimora di una principessa che in città continuò a ricevere nobili, intellettuali e musicisti fino alla sua morte nel 1820. Nel 1823 vi si installò Carolina fino al 1830, quando ottenne il permesso di stabilirsi a Firenze. Della villa, abbattuta nel 1899, rimane al MUSEO DI STORIA PATRIA  (via Matteo Renato Imbriani, 5 - aperto solo su richiesta. Per gli appuntamenti, telefonare il giorno prima allo 040.6754039) un modello in legno. Oppure è possibile ammirare il palazzo dove vissero le sorelle di Napoleone Bonaparte al MUSEO REVOLTELLA nell’opera di D. di Mac-Donald “Villa di Campo Marzio a Trieste nel 1829”.

MUSEO REVOLTELLA L’edificio, che sorgeva a poca distanza dal mare, era la dimora del barone Pasquale Revoltella, una delle figure più rappresentative della Trieste dell’Ottocento. Il palazzo originario, un’elegante costruzione neorinascimentale di tre piani, edificata tra il 1854 e il 1858 su progetto del berlinese Friedrich Hitzig, si affaccia su piazza Venezia. Ebbene, nel Museo che racconta l’imprenditorialità di Trieste e l’espansione della città si trovano le tracce dei legami con la Francia. Il massimo impegno del barone fu dato a sostegno dell’apertura del Canale di Suez grazie alla sua nomina a vicepresidente della Compagnia parigina cui la città di Trieste conferiva i capitali della Banca Rotschild e i finanziamenti della borghesia per aprire le vie dell’Oriente al Lloyd Austriaco. Per essere pronti all’aumento dei traffici i triestini affidarono al francese Paulin Talabot la progettazione del Porto Vecchio. Sempre più legata al resto d’Europa, la città divenne meta di viaggiatori provenienti dalla Francia, e fra questi quel Louis François Cassas che diverrà il “ritrattista dell’Adriatico”. Al Museo Revoltella si possono ammirare il marmo di Lorenzo Bartolini raffigurante l’erma del principe Felice Baciocchi (consorte di Elisa) e due opere in gesso raffiguranti Napoleone, una di Antonio Canova e l’altra di Jean Antoine Houdon. ( via Diaz, 27 - www.museorevoltella.it)

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