I occupazione francese
23 marzo 1797 - 24 maggio 1797
Siamo quasi alla conclusione della Campagna d'Italia, iniziata da Napoleone contro l'impero d'Austria nel 1796 e l'esercito francese marcia verso est con l'intento di raggiungere Vienna dopo aver saccheggiato Trieste.
Alla viglia della conquista della città, Napoleone scrive nel suo rapporto al Direttorio: “Sono a Trieste, non solo per ragioni militari, ma per il desiderio di comprendere le sue ricchezze e per la curiosità di vedere il suo porto”. Trieste aveva da molto tempo degli stretti rapporti economici e culturali con la Francia. Un terzo del traffico del porto era frutto di navi battanti bandiera francese e la lingua dell'élite e del commercio è il francese.
Incalzato dall'avanzata delle truppe francesi, nel marzo 1797 l'arciduca Carlo, comandante austriaco dell'area Adriatica, invita i triestini ad organizzare una difesa ma il giorno 20 marzo, ripara a Fiume mentre il Governatore, conte Brigido, assieme ad altre autorità, si ritira a Lubiana, lasciando la città nelle mani della Guardia Municipale.
Dopo la defezione delle più alte autorità, parte della popolazione si affretta a lasciare la città, al punto che Napoleone, il 23 marzo, per mano del commissario Bréchet, invia un proclama che inizia con “Une terreur injuste précède l'armée française ... rassurez vos concitoyens ...” annunciando che ormai Trieste è sotto la sua protezione. Il comune gli invia una delegazione formata da due patrizi e da due mercanti, le due anime della città.
Lo stesso giorno il generale di brigata Gioacchino Murat entra a Trieste e sequestra la cassa comunale con 21.000 franchi. Il generale Charles-Francois Dugua (uno degli eroi dell'assedio di Tolone) si installa alla Locanda Grande, il migliore albergo della città, ed issa la bandiera francese sul castello di San Giusto e sul municipio.
Il 26 marzo Napoleone chiede un contributo di tre milioni di lire tornesi, metà in contanti e metà in merci. Il risultato è che la magistratura civica è costretta ad aumentare le tasse. In compenso, i francesi dichiarano la libertà di commercio con tutte le nazioni che non siano in guerra con la Francia, confermano tutti i magistrati ed i codici austriaci, e la libertà di culto.
Per rassicurare la popolazione in preda al panico per l’avvicinarsi dei vincitori Dugua ordina che vengano ripresi gli spettacoli e il 27, circondato dal suo stato maggiore, ascolta al Teatro San Pietro non un’opera francese – su quel palcoscenico l’ultima era stata il Philinte di Fabre d’Eglantine, nel 1794 – ma Il furbo contro il furbo. Tutti i palchi sono illuminati. Le luci sottolineano, tuttavia, solo l’assenza degli spettatori. Allora “il cittadino Bréchet, comandante militare della città, del castello e del porto di Trieste” l’indomani fa diramare il seguente proclama:
“Il cittadino Bréchet Comandante militare della Città, Castello e Porto di Trieste. Agli abitanti della Città di Trieste. Osservai con dispiacere jeri sera, quanto poco il Teatro fosse frequentato, quale mai ne sarebbe il motivo? Qua come altrove voi siete amici dei piaceri. Sarebbe ella forsi la comparsa de’ Francesi che ve ne avesse allontanato? Ciò non sia mai. Eglino sono nostri amici, come lo sono di tutti li popoli. Abbiate dunque maggior confidenza in essi, ed abbandonatevi con sicurezza, non solo alli vostri lavori ordinaj ma ancora a quella dolce gioja, a quei piaceri innocenti che gustano tanto bene agli animi sensibili. Io spero che in avvenire voi ci priverete punto della emozione troppo cara della vostra riunione.”
A fine mese, molti di quanti avevano lasciato la città sono di ritorno. Il 10 aprile il generali Dugua lascia la città e si trasferisce a Klagenfurt. Al suo posto succede il generale Bernadotte (che diventerà poi re di Svezia). Il comandante militare della città, del castello e del porto è il colonnello Bréchet. Il 7 aprile Napoleone e l'imperatore d'Austria Francesco II firmano un armistizio a Judenburg.
L'occupazione provoca qualche scaramuccia e della resistenza, ma la situazione rimane stabile fino all'arrivo di Napoleone in persona il 29 e 30 aprile. I magistrati civici cercano di ottenere una riduzione del contributo ma senza successo. Per tenere buoni i mercanti, Bernadotte concede libertà commerciale con tutti tranne che con gli inglesi ed i veneziani.
Bonaparte si ferma a Palazzo Brigido, la residenza del governatore austriaco – il patrizio triestino Pompeo, conte di Brigido, un parente del quale aveva difeso il ponte di Arcole – che, prima di lasciare la città, ne aveva affidate le chiavi al console di Spagna, de Lellis, dandogli l’incarico di rappresentante della città. De Lellis apre le porte del palazzo al comandante in capo dell’Armée d’Italie. Dopo aver fatto un bagno in acqua di mare, Bonaparte riceve le autorità locali, il Vescovo di Trieste, monsignor de Buset, e il Capitolo di San Giusto, facendo buona accoglienza a tutti loro e ai consoli stranieri, ad eccezione del console di Venezia. Ma sentiamo la testimonianza di Don Carlos de Lellis: “Allorchè il console di Venezia Giambattista Callegari giunse a Palazzo Brigido, gli fu proibito di entrarvi, poiché era giunta la notizia dell’assassinio di due soldati francesi, uno avvenuto a Verona e l’altro al Lido di Venezia, su una piccola nave francese che vi si era rifugiata. Cellegari tornò nel pomeriggio e il generale lo accolse dicendo di essere stupito che il console di un governo tanto spregevole come quello veneziano avesse l’impudenza di presentarglisi davanti. Il console tentò di discolparsi ma il generale gli urlò in faccia: Sta’ zitto, miserabile, e vattene…”.
La città, tassata con un contributo di duecentomila lire, viene esentata in cambio di un cavallo bianco di razza lipizzana. La sera, nonostante un violento mal di denti, assiste al Teatro San Pietro a una rappresentazione nel corso della quale viene intonato un inno in suo onore.
Il giorno seguente, sentendosi ancora male, si fa fare un salasso, poi, avendo saputo che Francesco II ha ratificato i preliminari per la pace, lascia la città sul bianco cavallo delle scuderie imperiali. Al suo fianco cavalcavano Murat e Bernadotte, che da lui saranno fatti re.
Il 12 maggio, il doge veneziano Ludovico Manin si arrende incondizionatamente alle armi francesi.
A Trieste, il 24 maggio, a seguito degli accordi di Leoben, che anticipano e precedono il trattato di Campoformido, l'esercito francese si ritira e l'Austria, rappresentata dal Conte Brigido, ritorna al governo della città.
Il 17 ottobre, Francia ed Austria firmano a Villa Manin il cosidetto Trattato di Campoformido, secondo il quale la Repubblica di Venezia viene annessa all'Austria. Allo stesso tempo l'Austria riconosce la Repubblica Cisalpina, composta da Lombardia, Emilia Romagna e parte di Toscana e Veneto, ed il Piemonte viene annesso alla Francia. Tra le varie reciproche cessioni territoriali, Napoleone cede all’Austria Trieste, Istria e Venezia: la conseguenza è che, per la prima volta, Veneto, Trieste, Istria e Dalmazia, tutti i popoli di lingua italiana del nordest, sono insieme.