La bara rovesciata di Fouché

Joseph Fouché, il vile e perfido ministro di polizia di Napoleone Bonaparte, vive a Trieste l’ultima parte della sua vita.

Fouché è nominato da Napoleone duca d’Otranto e - dopo la campagna di Russia - governatore delle Province Illiriche. Con questo titolo giunge a Trieste e alloggia a Palazzo Vicco.

La leggenda narrata da Giuseppe Caprin vuole che durante la salita verso il camposanto di San Giusto alle prime luci della gelida aurora, sferzasse una bora talmente violenta da ribaltare la bara facendo rotolare il cadavere fra l’orrore degli stessi becchini. In realtà, Oscar de Incontrera scoprirà che il giorno delle solenni esequie, due giorni dopo la morte del ministro di Polizia, la bora si era acquietata. 

Anche un'altra storia accompagna la fine del ministro di Napoleone, amante dei canarini con cui riempie letteralmente il palazzo di Trieste dove trascorre i suoi ultimi anni.

L’inverno del 1820 è estremamente rigido. Fouché si aggrava a metà dicembre. Il giorno di Natale la via di Cavana è spazzata da gelide raffiche di bora. I medici ordinano la sospensione delle visite ma non possono impedire che il morente chiami al suo capezzale il figlio maggiore e gli impartisca le disposizioni per bruciare le sue carte. Sa che ormai deve rinunciare alle sue memorie. Il fumo che si leva dalle stufe in maiolica è denso di inchiostri e ceralacca: minaccia di soffocare i canarini, così amati da Joseph ed Ernestine. Nelle sale di Palazzo Vicco ne tenevano alcune centinaia, in grandi gabbie dorate. Gli uccellini ammutoliscono, qualcuno rimarrà stecchito.

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