Itinerari Napoleonici

Il fratello e le sorelle di Napoleone Bonaparte, i suoi nipoti, molti dei suoi ministri, i suoi soldati scelgono Trieste  come meta del loro esilio o vi vengono relegati in attesa di rientrare in Patria. Hanno tutti lasciato in questa città un pezzo della loro vita e i simboli che raccontano ancora la loro presenza.

CASA DUMA In piazza della Repubblica, dove oggi si staglia la massiccia e poderosa mole della Banca Commerciale Italiana (arch. Enrico Nordio, 1909), sorgeva l’ex Casa Gadola (arch. Giovanni Bubolini, 1780, interventi dell’arch. Antonio Buttazzoni nel 1828), poi Duma, poi ancora Antonopulo. Girolamo Bonaparte acquistò la casa nel 1815 per ospitarvi i 54 membri del suo seguito. La rivendette alla sorella Elisa nel 1818 e un’altra sorella di Napoleone, Carolina, vi abitò alcuni mesi a cavallo tra il 1824 e il 1825 prima di stabilirsi a Villa Murat. La casa venne demolita negli anni 1905-1907.

PALAZZO DELLA BORSA L’edificio che dà il nome alla piazza è la Borsa vecchia (ora sede della Camera di Commercio - arch. Antonio Mollari 1799-1806). Nelle nicchie che movimentano il frontespizio al pianterreno e al primo piano sono inserite statue allegoriche raffiguranti l’Asia, l’Europa, l’Africa e l’America, oltre a Vulcano e Mercurio. Più in alto, sul fastigio, altre sculture: il Genio di Trieste, Nettuno, Minerva e il Danubio (cui già da tempo era rivolta l’attenzione per un collegamento fluviale che avrebbe inserito il porto di Trieste nel sistema che collega capillarmente l’Austria, la Germania, la Francia settentrionale e i Paesi Bassi, oltre ai paesi orientali d’Europa). Si possono osservare poi dei puttini in scene rappresentanti il Commercio, la Navigazione, l’Industria e l’Abbondanza. Sul fronte dell’atrio si trova il grande orologio posto dal famoso orologiaio locale Antonio Sebastianutti, autore anche della Meridiana solare dell’ampia sala d’ingresso (23 settembre 1820). Scopo principale della Meridiana è permettere di sincronizzare i cronometri marini imbarcati sulle navi che partono da Trieste in modo da rendere possibile il calcolo esatto della longitudine, una volta in alto mare senza altri punti di riferimento. Attraverso un foro nella facciata dell’edificio della Borsa, il sole entra esattamente cinque minuti prima di mezzogiorno ed esce di scena dieci minuti dopo, tracciando un’ellisse dorata sul pavimento. E’ stato il triestino Paolo Alberi, esperto dell’arte gnomica, a svelare la particolarità della Meridiana della Borsa, accorgendosi che è centrata sull’equinozio d’autunno che venne scelto come inizio del calendario della Rivoluzione Francese. Si racconta che i Napoleonidi rifugiatisi a Trieste dopo la Restaurazione, accarezzando l’idea di far evadere Napoleone dall’Isola di Sant’Elena dove era stato recluso dagli Inglesi, avessero preso la Meridiana quale riferimento. Purtroppo il 5 maggio 1821 Napoleone morì, prima che il piano si potesse applicare.

PALAZZINA ROMANO (e PALAZZO ROMANO, non più esistente) All’angolo tra piazza della Borsa e via Roma, la palazzina Romano tramanda uno dei più begli esempi di architettura barocca della città. Costruito negli anni 1760-1770, l’edificio fu oggetto di restauro conservativo nel 1919-1921 ad opera dell’arch. Giorgio Polli, che abolì le sovrastrutture ottocentesche. Dal 1785 fu proprietario dell’edificio Pietro Antonio Romano, grossista titolare dell’omonima ditta di Borsa al cui nome è legato anche l’esilio triestino di Girolamo Bonaparte cui vendette il palazzo che sorgeva nell’attuale via Diaz 19 nel 1814 quando si stabilì a Trieste con la moglie. Il palazzo - che non esiste più (venne abbattuto nel 1936) - era un basso palazzo neoclassico con una sala centrale rotonda di stile pompeiano, proprio in riva al mare, ed ospitò Girolamo e Caterina in esilio con il nome di Conte e Contessa di Harz. In questo palazzo nacque un figlio che morì subito e trovò ospitalità anche Elisa, sotto il nome di Duchessa di Campignano. Da questo palazzo riuscì la fuga (beffando la Polizia austriaca) di Girolamo all’indomani della notizia che il 12 marzo 1815 Napoleone era sbarcato nel Golfo Juan in fuga dall’isola d’Elba. Carolina Murat venne ospitata a Palazzo Romano nel 1815 con il nome di Duchessa di Lipona, in viaggio verso l’Austria. Dopo opposte traversie e la caduta definitiva del fratello imperatore, Girolamo, divenuto Principe di Montfort, tornò a Trieste nel 1819, e si ristabilì a Palazzo Romano in attesa di trasferirsi nella villa di proprietà del ricchissimo conte Antonio Cassis Faraone.

TEATRO GIUSEPPE VERDI Su piazza Giuseppe Verdi si affaccia l’omonimo teatro sorto, dopo la scomparsa del vecchio Teatro San Pietro, per intraprendenza di Matteo Giovanni Tommasini, negoziante di borsa console di Toscana. Fu inaugurato il 21 aprile 1801 e all’inizio ebbe il nome “Nuovo”, poi “Grande”, e ancora, “Comunale”, finché nel 1901 fu intitolato a Giuseppe Verdi. Sulla facciata ci sono ben cinque palle di cannone da 32 libbre, ricordo dell’ultima battaglia dei Francesi nel 1813. In questo teatro si esibì nel 1816 – dall’1 al 5 settembre – Niccolò Paganini, che mandò in visibilio il pubblico. A questo soggiorno del celebre musicista sono legati diversi racconti su un suo incontro con quella che fu la Granduchessa di Toscana, Elisa Baciocchi, con cui ebbe una lunga e proficua relazione. Celebri gli amori, sbocciati o mancati, tra i Francesi a Trieste e le attrici e cantanti del Teatro: Girolamo ebbe una lunga storia con l’attrice Rosa Pinotti conosciuta nel 1815, mentre Stendhal si innamorò – non ricambiato, pare – della cantante primadonna Carolina Ungher. (www.teatroverdi-trieste.com)

LOCANDA GRANDE La Locanda Grande, l’albergo più importante del tempo (rimasto famoso soprattutto per la morte del grande archeologo tedesco Giovanni Winckelmann, padre del neoclassicismo) sorgeva dove oggi si incontra il Palazzetto ex Vanoli (arch. Eugenio Geiringer e Giovanni Righetti, 1873). Il palazzo, eretto per volontà del Comune tra il 1727 ed il 1732, ospitava l’Osteria Grande che successivamente fu restaurata e ampliata assumendo la denominazione di Locanda Grande fino al 1847, anno della demolizione. E’ qui che si fermarono tra il 6 e il 7 agosto 1814 Girolamo Bonaparte (con il nome di Conte di Hartz) e la sorella Elisa Baciocchi (con il nome di Duchessa di Campignano). Ospite della Locanda fu anche Carolina Murat il 30 luglio 1823. Tra gli ospiti della Locanda si annoverano anche Casanova e Chateaubriand, Gioacchino Murat e l’Ammiraglio Nelson.

PALAZZO BRIGIDO Al numero 1 di via Pozzo del Mare (all’epoca si affacciava direttamente sulla piazza), c’è il Palazzetto Brigido (arch. Giovanni Fusconi, 1735), che accolse nella sua unica visita a Trieste il giovane Comandante in Capo dell’Armée d’Italie Napoleone Bonaparte, nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1797. La sua fugace permanenza è testimoniata da una targa. Il conte Pompeo Brigido, Governatore di Trieste, è ricordato anche per essere stato tra coloro che accolsero le Mesdames di Francia, Adelaide e Vittoria, figlie di Luigi XV, in fuga dalla Rivoluzione. Le occupazioni francesi della città di Trieste furono tre: la prima rapidissima nel 1797 finì con la firma del Trattato di Campoformido; la seconda brevissima tra la fine del 1805 e il marzo del 1806 si concluse a seguito della Pace di Presburgo; la terza è decisamente la più lunga e si protrasse tra il maggio del 1809 e il novembre del 1813 a seguito della Pace di Schönbrunn. E’ durante la terza occupazione che vennero create le Province illiriche con capitale a Lubiana, la cui fine avvenne con lo scontro tra l’esercito francese e quello austriaco (supportato dalla flotta inglese), che lasciò numerose testimonianze sui muri della città.

MUSEO SARTORIO L’eclettica villa della fine del Settecento appartenne alla famiglia Sartorio che le vicende commerciali avevano portato in città dalla nativa Sanremo. Reminescenze venete dell’impianto palladiano sono ancora riscontrabili nella pianta della villa dopo i restauri eseguiti tra il 1820 e il 1838 da Niccolò Pertsch. Oggi è la sede di un museo civico con una ricca collezione di gessi: gli esemplari più antichi della collezione sono quattro calchi di opere di Antonio Canova, realizzati dall’artista stesso. Si tratta del busto di Napoleone Bonaparte, dei ritratti di Carolina Bonaparte Murat e di Gioacchino Murat (le cui realizzazioni in marmo sono oggi perdute) e l’autoritratto di Canova stesso. Recentemente, inoltre, è stato acquisito dal museo un servizio da colazione da campo in porcellana di Parigi, dono di Napoleone a un suo ufficiale. (Largo Papa Giovanni XXIII, 1 – museosartoriotrieste.it)

VILLA NECKER La villa, oggi conosciuta come Villa Necker, costruita attorno al 1790 per Antonio Strohlendorf, fu proprietà del conte Cassis Faraone che vi aveva fatto costruire le prime celebri serre e piantare il primo aranceto. Il progetto era dell’architetto francese Champion (realizzato da Giacomo Marchini), che disegnò anche la villa di Campo Marzio (conosciuta come Villa Murat), che ospitò la famiglia di Elisa Bonaparte e poi sua sorella Carolina. Villa Necker ospitò tra il 1820 e il 1827 Girolamo Bonaparte, già re di Westfalia e principe di Montfort. Qui nascono i figli Letizia e Girolamo Napoleone che fu “… del nostro Risorgimento e dei destini di questa terra costante generoso fautore”, come recita la targa posta sul muro di cinta. I Bonaparte modificarono la semplicità d’insieme che contraddistingue la villa, inserendo l’orologio nel timpano, sistemando aquile napoleoniche sui camini della sala maggiore e costruendo una cappella, un teatro e pergole con vista su tutto il golfo.

VILLA MURAT (non più esistente) Elisa Bonaparte Baciocchi scelse per il suo esilio triestino la villa di Campo Marzio, oggi ricordata come Villa Murat in quanto fu dimora anche della sorella Carolina, vedova del Re di Napoli ucciso a Pizzo Calabro. Eretta all’inizio dell’Ottocento dal generale russo Psaro su progetto dell’architetto Champion, la villa aveva una bianca struttura neoclassica che si affacciava su una spiaggia declinante verso il mare. Acquistata nel 1816 da Felice Baciocchi, sarà oggetto di abbellimenti importanti che la trasformarono nella dimora di una principessa che in città continuò a ricevere nobili, intellettuali e musicisti fino alla sua morte nel 1820. Nel 1823 vi si installò Carolina fino al 1830, quando ottenne il permesso di stabilirsi a Firenze. Della villa, abbattuta nel 1899, rimane al MUSEO DI STORIA PATRIA  (via Matteo Renato Imbriani, 5 - aperto solo su richiesta. Per gli appuntamenti, telefonare il giorno prima allo 040.6754039) un modello in legno. Oppure è possibile ammirare il palazzo dove vissero le sorelle di Napoleone Bonaparte al MUSEO REVOLTELLA nell’opera di D. di Mac-Donald “Villa di Campo Marzio a Trieste nel 1829”.

MUSEO REVOLTELLA L’edificio, che sorgeva a poca distanza dal mare, era la dimora del barone Pasquale Revoltella, una delle figure più rappresentative della Trieste dell’Ottocento. Il palazzo originario, un’elegante costruzione neorinascimentale di tre piani, edificata tra il 1854 e il 1858 su progetto del berlinese Friedrich Hitzig, si affaccia su piazza Venezia. Ebbene, nel Museo che racconta l’imprenditorialità di Trieste e l’espansione della città si trovano le tracce dei legami con la Francia. Il massimo impegno del barone fu dato a sostegno dell’apertura del Canale di Suez grazie alla sua nomina a vicepresidente della Compagnia parigina cui la città di Trieste conferiva i capitali della Banca Rotschild e i finanziamenti della borghesia per aprire le vie dell’Oriente al Lloyd Austriaco. Per essere pronti all’aumento dei traffici i triestini affidarono al francese Paulin Talabot la progettazione del Porto Vecchio. Sempre più legata al resto d’Europa, la città divenne meta di viaggiatori provenienti dalla Francia, e fra questi quel Louis François Cassas che diverrà il “ritrattista dell’Adriatico”. Al Museo Revoltella si possono ammirare il marmo di Lorenzo Bartolini raffigurante l’erma del principe Felice Baciocchi (consorte di Elisa) e due opere in gesso raffiguranti Napoleone, una di Antonio Canova e l’altra di Jean Antoine Houdon. ( via Diaz, 27 - www.museorevoltella.it)

CATTEDRALE DI SAN GIUSTO Nel medioevo affondano le loro origini il castello, la cattedrale e gli edifici a lato (il Battistero di San Giovanni, la Chiesetta di San Michele al Carnale). La cattedrale, ingentilita dal rosone della fine del ‘300, ha una navata centrale con soffitto trecentesco in legno dipinto mentre ai lati si susseguono le cappelle dove trovarono sepoltura, seppur breve, realisti e napoleonidi in fuga. Dapprima fu la volta delle Mesdames di Francia, Adelaide e Vittoria: decedute a Trieste, le figlie di Luigi XV riposarono nella Cattedrale fino a quando i loro resti vennero riportati in Francia da Luigi XVIII durante la Restaurazione borbonica e sepolti nell’Abbazia di Saint-Denis. Davanti alla porta laterale destra (guardando l’altare maggiore) giace sul pavimento una lapide su cui è posta la dedica: “Qui riposano le salme di LUISA VITTORIA + MDCCIC e MARIA ADELAIDE + MDCCC di BORBONE, MESDAMES DE FRANCE figlie di Luigi XV – Trasportate in Francia nel MDCCCXIV”.  Fu poi la volta di Elisa Bonaparte che venne accolta nella Cattedrale sul colle della città che aveva scelto come luogo del proprio esilio: il marito portò poi i suoi resti nella Basilica di San Petronio a Bologna. Toccò poi a Joseph Fouché morire a Trieste e trovare riposo nella Cattedrale, da cui venne prelevato oltre mezzo secolo dopo da Emile Combes, futuro presidente del Consiglio della Terza Repubblica. Intanto a Trieste riposano (ricordati da una lapide posta sui muri della Cattedrale) anche Joseph Labrosse e la moglie, e Paul Morand, seppure “esiliato” nel cimitero greco-ortodosso molti anni dopo.

CASTELLO DI MIRAMARE Il Castello (www.castello-miramare.it), con le sue bianche torri, emerge da uno spuntone di roccia proteso sul mare. Costruito tra il 1856 ed il 1860 per volontà di Massimiliano d’Asburgo dall’architetto Carl Junker, conserva al primo piano il letto a colonnine dono di Napoleone III e il ritratto firmato da Pierre-Désiré Guillemet (1850 circa). Fu Napoleone III a sigillare a Plombières l’accordo con Cavour per il matrimonio tra il Bonaparte nato a Trieste (Napoleone Girolamo) e la figlia primogenita di Vittorio Emanuele II, Maria Clotilde di Savoia. 

CASTELLO DI DUINO Nel castello, la cui struttura essenziale risale al XIV secolo, si trovano molti collegamenti con la Francia. Il Castello di Duino parla francese non solo perché fu la lingua della nobiltà europea, ma soprattutto perché i Torre e Tasso sono imparentati con i Bonaparte avendo la figlia di Maria Bonaparte, Eugenia di Grecia e Danimarca, sposato il principe Raimondo, secondo duca del castello di Duino. Dal matrimonio nacque Carlo Alessandro, attuale duca del Castello di Duino. La principessa Maria Bonaparte, bisnipote di Luciano Bonaparte (fratello di Napoleone), è ritratta in un quadro ancora esposto ed è famosa per la sua promozione del Movimento psicoanalitico e per la traduzione delle opere di Sigmund Freud. Al Castello di Duino trovarono ospitalità molti intellettuali oltre a Rainer Maria Rilke: in particolare, tra i francesi, Paul Valéry e Victor Hugo. Entrambi ebbero legami diretti con Trieste. Il nonno di Paul Valéry (Giulio Costantino Grassi) era liquidatore e regolatore di avarie a Trieste per le Assicurazioni Generali, la Riunione Adriatica di Sicurtà e il Lloyd Triestino. Victor Hugo, invece, in più occasioni dimostrò la sua simpatia per Trieste e per i Triestini, che nel 1871 gli avevano inviato un messaggio dopo la sua espulsione dal Belgio. Egli ricambiò chiedendo la grazia per Guglielmo Oberdan all’indomani dell’attentato contro Francesco Giuseppe. (castellodiduino.it)

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