Il Conte de Pontgibaud

Sarebbe stato molto sorpreso il conte de Pontgibaud (Joseph Labrosse, ndr), se gli avessero detto che un giorno sarebbe entrato nella leggenda e che la storia letteraria si sarebbe impadronita del suo personaggio. Lo troviamo nominato da Nodier in Jean Sbogar e in Mademoiselle de Marsan. È citato, con il suo pseudonimo, da Balzac, mentre George Sand s’ispirerà a questo personaggio in un suo romanzo dimenticato.

Oscar de Incontrera, nel corso della sua vita si è interessato ai francesi a Trieste dopo la scoperta da ragazzo di una lapide murata all’esterno della Cattedrale: un lungo epitaffio elogiativo di Labrosse, commerciante, vissuto lungamente a Trieste e qui morto nel 1824. Sotto quel nome si cela - come nel testo sul marmo, dettato da Domenico Rossetti - il marchese Alberto Francesco de Mor, conte di Pontgibaud, nato a Parigi nel 1754, colonnello fedele di Luigi XVI, che «dai furori della rivolta lasciò il patrio suolo e le avite sostanze per serbare immacolato l’onore, indeclinato il dovere, riparando a questa terra ospitale, aperta casa di commercio. Salì in credi e fortune l’ingegno e l’opera volgendo a Trieste...».

De Incontrera approfondisce le vicende biografiche di questo illustre esule francese, e man mano che vi si inoltra «si accorge - come ricorda Cesare Pagnini in uno scritto in onore dello studioso - che la figura dell’uomo riassume insieme le vicende francesi e triestine dalla Rivoluzione alla Restaurazione e fa centro all’odissea degli emigrati». Il colonnello conte di Pontgibaud riesce a evitare la ghigliottina riparandosi a Losanna dove, insieme alla moglie, mette in piedi una ditta di merletti che lui stesso vende porta a porta. La ditta diviene presto un’industria che, associata a una banca, si espande nelle principali città d’Europa e nel 1791 trasferisce la direzione centrale a Trieste, nella città allora lanciata verso le grandi fortune emporiali.

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