Museo Revoltella

Al Museo Revoltella si può ammirare il quadro della “Villa di Campo Marzio (Villa Murat) a Trieste nel 1829”, opera di D. Mac-Donald.

C'è, poi, il marmo di Lorenzo Bartolini (Savignano di Prato, 1877 - Firenze, 1850) raffigurante l'Erma del principe Felice Baciocchi (1809), acquistata dal Museo Revoltella dopo la sua fondazione, nel 1872. Lo offerse al Curatorio il francese Charles Dessalles d'Epinois per la modica somma di 350 fiorini. Allora l’autore non era stato identificato.

Infine, due opere raffiguranti Napoleone. Quella in gesso di Antonio Canova (Possagno Treviso, 1757 - Venezia, 1822) per Napoleone come Marte pacificatore (1810) acquistata nel 1938 e quella, sempre in gesso, di Jean Antoine Houdon (Versaille, 1741 - Parigi, 1828) di Napoleone I, 1806, dono di Nicolò Branchi del 1875.

La prima è probabilmente un calco, ricavato da Canova stesso, del modellino in terracotta originale, oggi non più reperibile, per la statua colossale di Napoleone come Marte pacificatore, scolpita da Canova prima in marmo (1803-1806, Londra, Apsley House), quindi fusa in bronzo (1809,Milano, Brera). L’opera originale in marmo, alta quasi tre metri e mezzo, fu eseguita tra il 1803 e il 1806, in seguito alla commissione di un ritratto da parte dell’imperatore (1802). Secondo il Cicognara, Canova trasse ispirazione da un Atleta ellenistico degli Uffizi, ma non è da escludersi un richiamo all’imperatore Augusto, portatore di pace dopo una fase di guerre civili. Il modellino potrebbe essere stato eseguito tra il 1802 e il 1803, dato che il modello grande fu esposto nello studio nel luglio 1803. Quando la statua fu portata a Parigi, nel 1811, Napoleone, che non gradiva di essere raffigurato ignudo, decise di non consentirne l’esposizione al pubblico e di depositarlo nei magazzini del Louvre. Il marmo fu acquistato dal governo inglese nel 1815 e poi donato a Lord Wellington, il vincitore di Waterloo, che lo collocò nella sua casa di Londra. La versione in bronzo fu commissionata a Canova nel 1807 dal viceré d’Italia Eugenio e giunse a Milano nel 1812. Dopo varie vicissitudini nel 1859 trovò collocazione nel cortile dell’Accademia di Belle Arti. Il bozzetto in gesso del Revoltella fu ceduto al museo dagli eredi dell’architetto Pietro Nobile, al quale era passato in proprietà dal barone Angelo Calafati, nominato nel 1813 intendente di Trieste e dell’Istria. Già nell’Ottocento sul gesso venne steso uno strato di pittura color avorio con lo scopo di fare assumere al modellino l’aspetto del marmo e di nascondere le tracce di colore rossastro lasciate dalla terracotta sulla quale era stato eseguito il calco. Anche l’esecuzione di una riproduzione in bronzo (pure nelle collezioni del Museo Revoltella) ha compromesso senz’altro la conservazione del pezzo.

Il secondo ritratto rappresenta, a mezzo busto in posa frontale, Napoleone I in uniforme da generale, completa di spalline e decorazoni appuntate sul petto, il collo stretto nella morsa del rigido colletto della giacca. Questa realistica ma nobilitata effigie dell'imperatore, rispondendo in modo adeguato all'immagine ufficiale che Napoleone intendeva fornire di sé, venne più volte riprodotta come arredo conveniente per le sedi ufficiali del culto bonapartista: uffici e prefetture in varie parti d'Europa. Come già segnalato da due cataloghi del Museo (C.M.R. 1920; 1925), e quindi da Firmiani (1971, p.6), é possibile che l'opera provenga da Villa Murat a Trieste, dove un busto di Napoleone viene ricordato presso il pianoforte da Caprin (1891, p.265). Lo stesso studioso (l.c.) afferma che il ritratto passò poi a Villa Vicentina, nella dimora di campagna di Elisa Baciocchi Bonaparte. Il busto, con tutta probabilità, deve essere in seguito pervenuto nella collezione di Pietro Kandler - in una data anteriore alla sua morte, avvenuta nel 1872 - visto che il genero dello storico triestino, Nicolò Branchi (il quale lo donò al museo nel 1875) dichiara nel proprio testamento del 7 maggio 1784 che tutti gli effetti che si trovano nella mia abitazione, come le suppellettili ed i mobili di casa, i quadri, la biancheria e l'argenteria, sono proprietà assoluta di mia moglie Giovanna Branchi nata Kandler, la quale li ebbe dalla sua famiglia (cfr. Firmiani 1971, p.5). Il gesso, ritenuto opera autografa da Firmiani, riproduce, senza alcuna variante, il busto in marmo di Houdon, conservato nel Musée National de Versailles (MV 1521; MR 2187). Rispetto a quest'ultimo sono da rilevare alcune differenze: il marmo é più piccolo del gesso in altezza, piedistallo escluso, di 1,5 cm.; nelle zone più scabre, come i capelli o le spalline, il gesso risulta assai meno definito; il rilievo di alcuni sottili particolari, come le asole dei bottoni o i bordi delle palpebre, appaiono molto più evidenti nella versione in marmo; altri particolari, come le cuciture dei baveri, nell'esemplare triestino sono tracciati più grossolanamente; sul fondo del gesso si vedono i  resti di quattro perni in ferro che servivano probabilmente ad assicurare il busto ad una base fissa; la firma dell'artista, pur trovandosi sul moncone del braccio sinistro come nel marmo, é priva della f. (= fecit) aggiunta al cognome dell'artista nel marmo di Versailles.  È possibile che l'aspetto slavato dell'esemplare in esame sia dovuto anche alle numerose ridipinture che lo hanno interessato, con lo scopo evidente di 'ripulire' l'opera imbiancandola. In conclusione, é verosimile che il gesso triestino sia meglio una derivazione dal marmo, piuttosto che il suo modello, mancando di quella 'freschezza' e di quella vitalità che caratterizzano solitamente la plastica houdoniana e presentando altresì alcuni indurimenti e minute semplificazioni che, in sé insignificanti, finiscono invece per pesare sulla qualità estetica dell'insieme. Va ricordata l'esistenza di un ulteriore busto in gesso di Napoleone, apparentemente identico, menzionato da Rèau e individuato da Firmiani nell'Hôtel George V di Parigi.

Al secondo piano del Museo, in quello che è stato definito il “salotto giallo”, è stato collocato in tempi recenti un grande vaso in porcellana di Sèvres donato da Re Luigi XVIII alla famiglia patrizia dei Burlo, in segno di riconoscenza per aver dato sepoltura - nella tomba di famiglia nella Cattedrale di San Giusto - alle salme delle principesse Maria Adelaide e Vittoria, morte in esilio a Trieste. Nel collo del vaso sono raffigurati i funerali mentre i medaglioni contengono i ritratti delle due principesse. Il vaso venne acquistato dal Comune nel 1875.


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